Mkhitaryan apre il suo terzo anno in nerazzurro con alle spalle quattro trofei conquistati con la maglia dell’Inter e davanti tantissima voglia di continuare a lottare su ogni pallone insieme ai suoi compagni:
«Ho vissuto due anni perfetti e bellissimi con l’Inter, come squadra abbiamo sempre lavorato per crescere dentro e fuori dallo spogliatoio e lo faremo anche quest’anno dando una mano ai nuovi acquisti per migliorare ancora di più il nostro gioco e centrare nuovi obiettivi insieme. Lavoriamo sempre per vincere e per rendere felici i nostri tifosi. Quando sono arrivato qui tutti mi hanno aiutato e mi sono sentito subito parte di questa famiglia e la stessa cosa cerco di farla anche io con i nuovi. Poi devo ringraziare anche i tifosi perchè mi hanno accolto benissimo fin dal primo giorno e la mia speranza è quella di vivere altre emozioni con loro per arricchire la storia di questo Club».
Nella storia di Mkhitaryan ci sono radici profonde e tanta strada percorsa nel segno del duro lavoro: ci sono paesi visitati, tante lingue parlate, compagni di squadra, allenatori, c’è tanta determinazione e una voglia costante di migliorarsi:
«Per me una mentalità vincente si ha fin dalla nascita e poi si deve coltivare nel tempo. Io sono diventato quello che sono oggi soprattutto grazie ai giorni difficili perché è da quelli che si cresce e si impara e io sono grato per la mia carriera».
Mkhitaryan apre il suo terzo anno in nerazzurro con alle spalle quattro trofei conquistati con la maglia dell’Inter e davanti tantissima voglia di continuare a lottare su ogni pallone insieme ai suoi compagni:
«Ho vissuto due anni perfetti e bellissimi con l’Inter, come squadra abbiamo sempre lavorato per crescere dentro e fuori dallo spogliatoio e lo faremo anche quest’anno dando una mano ai nuovi acquisti per migliorare ancora di più il nostro gioco e centrare nuovi obiettivi insieme. Lavoriamo sempre per vincere e per rendere felici i nostri tifosi. Quando sono arrivato qui tutti mi hanno aiutato e mi sono sentito subito parte di questa famiglia e la stessa cosa cerco di farla anche io con i nuovi. Poi devo ringraziare anche i tifosi perchè mi hanno accolto benissimo fin dal primo giorno e la mia speranza è quella di vivere altre emozioni con loro per arricchire la storia di questo Club».
Nella storia di Mkhitaryan ci sono radici profonde e tanta strada percorsa nel segno del duro lavoro: ci sono paesi visitati, tante lingue parlate, compagni di squadra, allenatori, c’è tanta determinazione e una voglia costante di migliorarsi:
«Per me una mentalità vincente si ha fin dalla nascita e poi si deve coltivare nel tempo. Io sono diventato quello che sono oggi soprattutto grazie ai giorni difficili perché è da quelli che si cresce e si impara e io sono grato per la mia carriera».
Che origini ha la tua passione per il calcio?
«La passione per il calcio me l’ha trasmessa mio padre, anche lui calciatore. Fin da bambino il calcio è stato la cosa più bella della mia vita, mio padre mi ha dato la possibilità di conoscere e scegliere questo sport e ad oggi sono orgoglioso di quello che ho fatto».
Ci sono stati dei calciatori che ti hanno colpito quando eri bambino?
«Non ho avuto un solo idolo nella mia vita, ci sono stati diversi giocatori che mi hanno stupito e insegnato qualcosa: crescendo cercavo e mi colpiva sempre qualcosa di diverso. Ho ammirato campioni come Roberto Baggio, Djorkaeff, Ronaldo il Fenomeno. Ci sono stati tanti calciatori che mi hanno ispirato in modi diversi per qualche loro caratteristica».
Che emozioni ti regala oggi scendere in campo? Cosa ti carica?
«Quello che mi carica è la partita stessa, arrivare allo stadio e vedere la gente che canta le canzoni dell’Inter, mi dà l’adrenalina e quel qualcosa in più per giocare al meglio e dare tutto quello che ho per vincere».
Che origini ha la tua passione per il calcio?
«La passione per il calcio me l’ha trasmessa mio padre, anche lui calciatore. Fin da bambino il calcio è stato la cosa più bella della mia vita, mio padre mi ha dato la possibilità di conoscere e scegliere questo sport e ad oggi sono orgoglioso di quello che ho fatto».
Ci sono stati dei calciatori che ti hanno colpito quando eri bambino?
«Non ho avuto un solo idolo nella mia vita, ci sono stati diversi giocatori che mi hanno stupito e insegnato qualcosa: crescendo cercavo e mi colpiva sempre qualcosa di diverso. Ho ammirato campioni come Roberto Baggio, Djorkaeff, Ronaldo il Fenomeno. Ci sono stati tanti calciatori che mi hanno ispirato in modi diversi per qualche loro caratteristica».
Che emozioni ti regala oggi scendere in campo? Cosa ti carica?
«Quello che mi carica è la partita stessa, arrivare allo stadio e vedere la gente che canta le canzoni dell’Inter, mi dà l’adrenalina e quel qualcosa in più per giocare al meglio e dare tutto quello che ho per vincere».
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INTER
Il rinnovo mi ha reso orgoglioso perché è una conferma del fatto che ho lavorato bene per la squadra. Oggi voglio fare ancora di più per i miei compagni e la società.
SUPERCOPPA
Vincere la seconda Supercoppa consecutiva è stato incredibile, il giorno prima era il mio compleanno e i miei compagni mi hanno fatto un bellissimo regalo.
SCUDETTO
Conquistare la Seconda Stella non succede spesso, sono felice di esserne stato parte e non voglio dimenticare chi ha vinto tutti gli altri trofei dandoci la possibilità di alzare al cielo questo ventesimo Scudetto.
INTER
Il rinnovo mi ha reso orgoglioso perché è una conferma del fatto che ho lavorato bene per la squadra. Oggi voglio fare ancora di più per i miei compagni e la società.
SUPERCOPPA
Vincere la seconda Supercoppa consecutiva è stato incredibile, il giorno prima era il mio compleanno e i miei compagni mi hanno fatto un bellissimo regalo.
SCUDETTO
Conquistare la Seconda Stella non succede spesso, sono felice di esserne stato parte e non voglio dimenticare chi ha vinto tutti gli altri trofei dandoci la possibilità di alzare al cielo questo ventesimo Scudetto.
AMARCORD: INTER-LECCE 6-0
È la partita del ‘Chino’ Recoba, che si mette in mostra con un gol mozzafiato, ma è anche la partita di Javier Zanetti, che lotta e corre in ogni zona del campo...
Sei gol, sei marcatori diversi. Se si pensa a Inter-Lecce, la mente dei tifosi nerazzurri viaggia rapidamente al novembre del 1999, quando nella foschia di San Siro l’Inter di Marcello Lippi mette a referto una prestazione straripante, battendo i giallorossi con sei gol, uno più bello dell’altro.
È la partita del ‘Chino’ Recoba, che si mette in mostra con un gol mozzafiato, ma è anche la partita di Javier Zanetti, che lotta e corre in ogni zona del campo. Apre le marcature Georgatos, con una pennellata di mancino che si infila all’incrocio dei pali, dove Chimenti non può arrivare. Poi sale in cattedra ‘Pupi’ Zanetti, il capitano recupera palla a centrocampo e parte con una delle sue caratteristiche galoppate, quelle che fanno alzare dai seggiolini i tifosi presenti a San Siro: la sua azione personale si conclude con una tonante conclusione dal limite dell’area di rigore che si infila all’angolino, mandando in visibilio il pubblico.
Lo spettacolo di San Siro continua, la rete del 3-0 arriva con Jugovic, il quale, dopo aver ricevuto un lancio millimetrico di Laurent Blanc, si prepara da solo il gol con un colpo di testa che scavalca il difensore, il centrocampista serbo si gira e a tu per tu con il portiere lo batte con un colpo di mancino. Zamorano e Ronaldo segnano rispettivamente il quarto e il quinto gol di giornata, l’attaccante cileno con una corsa da centrocampo in contropiede, il ‘Fenomeno’ brasiliano trasformando dal dischetto un calcio di rigore.
La giornata apparentemente perfetta incontra un ostacolo quando a metà del secondo tempo Ronaldo subisce il suo primo infortunio al ginocchio, trasformando in agrodolce quella che sembrava un pomeriggio da sogno. Al suo posto entra Recoba, che si renderà protagonista dell’ultimo gol.
Al 65’ proprio il ‘Chino’ realizza uno dei gol che più rappresenta quello che è stato Alvaro Recoba: l’asso uruguaiano controlla il pallone, scavalca il difensore con un ‘sombrero’ spalle alla porta e si gira rapidamente, superando il portiere con un pallonetto. L’estro, la creatività e il talento naturale di Recoba tutte racchiuse in un gol, il pubblico di San Siro si alza in piedi ad applaudire, incredulo da ciò a cui ha appena assistito.
MARTINA TOMASELLI
Nuovo rinforzo dell’Inter Women, Martina Tomaselli, ci ha raccontato le sue origini, gli obiettivi per il futuro e i suoi punti di forza:
«Sono una giocatrice che si mette tanto a disposizione della squadra e dello staff. Mi piace rompere il gioco avversario per poi far ripartire la nostra azione d’attacco. Le mie migliori qualità credo siano l’inserimento e l’aggressività in campo. Sono in costante sfida con me stessa, lavoro per migliorarmi e fare qualcosa in più rispetto al giorno prima: devo uscire dal campo orgogliosa di quello che ho fatto».
Come è nata la tua passione per il calcio?
«Da bambina giocavo in giardino con mio fratello più grande, poi andavo sempre a vederlo agli allenamenti fino a quando il suo allenatore mi ha chiesto se volevo allenarmi con loro e ho detto subito di sì. Il mio sogno nel cassetto era quello di giocare con la Nazionale, poi divertirmi dando sempre il meglio in campo è sempre stato qualcosa di importante, anche oggi».
Quali sono i tuoi giocatori di riferimento?
«Mi ricordo che da piccola quando giocavo facevo finta di essere Eto’o o Milito, della rosa attuale invece mi piace molto Barella. Per quanto riguarda il calcio femminile mi piace molto il modo di giocare di Alexia Putellas, nella partita tra Italia e Spagna vedendola da vicino mi ha molto colpita».
Quali sono stati il momento più difficile e quello più bello della tua carriera?
«I momenti più difficili della mia carriera sono stati i due infortuni al crociato, soprattutto il secondo. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicino, sia a livello fisico che mentale. I momenti belli sono stati diversi, in particolare ricordo la finale di Supercoppa con il Brescia, a 16 anni mister Piovani mi ha fatto esordire da titolare e giocare tutta la partita e quella vittoria è stata molto emozionante».